Tuesday 4 July 2023

'Su' e 'Giu' - "Colei che deve essere obbedita"

 

                                                               CHIARA LUBICH:

'Colei che deve essere obbedita'.

(Lei, H. Rider Haggard, 1887)

Per giudicare la vera natura del movimento dei Focolari, è necessario studiare e comprendere fino in fondo il suo linguaggio interno.  Ma e un movimento di segreti.  Esistono "due movimenti", quello interno e quello esterno, come ha sottolineato l'ex membro Renata Patti, ma ci sono anche due "linguaggi", due forme di comunicazione: il linguaggio rivolto all'esterno, pesantemente manipolato [Ndr 'doctored' si dice in ingelse!], ma volto ad abbindolare le autorità ecclesiastiche, le autorità civili, le istituzioni internazionali e l'opinione pubblica, e un linguaggio interno che spesso utilizza parole comuni "confezionate" con significati completamente diversi e spesso complessi. Naturalmente, prima di tutto, bisogna conoscere questo linguaggio, il che è possibile solo se si è membri interni e se si è passati attraverso un periodo di iniziazione, probabilmente di diversi anni, in modo da aver effettivamente compreso appieno l'uso di questi termini.  Bisogna sentirli in molti contesti diversi per comprendere il loro significato e forza.   Ma anche in questo caso, come membri, e possibile non comprendere pienamente il loro senso e scopo.  Questo linguaggio è stato definito dal compianto Bruno Secondin, professore di spiritualità presso la prestigiosa Università Gregoriana di Roma, come un "codice elaborato", che costruisce l'universo dei Focolari.  Questo codice, quindi, è un mezzo per affermare il proprio potere e territorio. 

Classica copertina di album degli anni '50
 che utilizza un'audace immagine di 
manipolare o 'doctor' la musica per lo stereo.
Nel caso del movimento dei Focolari
che 'medica' (doctor) sua struttura e le sue dottrine,
l'immagine agghiacciante e quanto
mai addatto.

La lingua focolarina utilizza spesso parole comuni e molto semplici, ma l'uso è del tutto particolare al movimento dei Focolari.  La lingua dei Focolari è una delle principali eredità lasciate dalla fondatrice Chiara Lubich.  Ma è conosciuto solo da pochi.   

Forse le parole più semplici e potenti di questo codice sono le parole "su" e "giù".  Eppure il loro impatto e il loro potere sui membri e sugli ex membri è letale.

"Su" significa che si accetta tutto del movimento: il proprio 'credo' e le loro rivelazioni mistiche, e che si "crede in" Chiara Lubich, la fondatrice e "sibilla" del movimento, la "veggente" di tutte le credenze e visioni del movimento.  Perché sì, ci si aspetta che uno "creda in" Chiara, proprio come ci si aspetta che uno "creda in" Dio.  Ricordo che il mio primo superiore nel movimento mi disse una volta: "Non importa se credi in Dio, basta che tu creda in Chiara".  'Su' ha quindi un senso molto specifico, singolo.  Un senso che per i membri interni è di una potenza schiacciante.  Tu devi essere "su" o non esisti.

"Giù", invece, ha diversi significati.  Quando si riferisce a persone all'interno del movimento - di solito membri interni - il significato può variare da un senso lieve - come essere di cattivo umore - ad avere domande o dubbi sul movimento, sulle sue idee o, Dio non voglia, sulla fondatrice Chiara Lubich - che, nel contesto dei Focolari, è "Colei che deve essere obbedita", per citare il pioniere del genere fantasy inglese, H. Rider Haggard, autore di Lei (1887).  Il senso più estremo della parola "giù" per un membro sarebbe uno chi si rifiuta di colloborare o di accettare i dettami del movimento con cieca obbedienza.  Ho osservato spesso questi membri, già nei primi anni di appartenenza al movimento, sia tra i focolarini celibi interni che tra i "novizi" della scuola di formazione dei Focolari nell'ashram di Loppiano, sulle colline toscane vicino a Firenze.  All'epoca trovavo queste persone sconcertanti, essendo così totalmente ipnotizzato dalla tradizione del movimento. 

Più significativa, pero, è che la parola "giù" viene utilizzata anche per descrivere tutti coloro che lasciano il movimento.  'Lei (o lui) e andata/o giù': questo è il significato di "giù" nel suo senso più assoluto e finale.  Tutti quelli che lasciano il movimento sono "giù".  Ma ciò che va compreso sono le implicazioni morali della parola "giù".  Essa può essere collegata a un altro termine comunemente usato nel movimento, liberamente mutuato da San Paolo quando parla di "uomo nuovo" e "uomo vecchio", riferendosi all'io redento, "l'uomo nuovo" in contrasto con l'io peccatore, cioè "l'uomo vecchio".  È interessante notare che il termine "uomo nuovo" è quasi mai usato nel movimento, mentre il termine "uomo vecchio" è molto comune, di solito nella frase "Lui o lei ha l'uomo vecchio".  Significa che sono "giù", quindi peccaminosi, cattivi.  In definitiva, anche se gli estremi possono variare, essere "giù" significa essere malvagi.  "Giù" è la parola più potente nel codice del movimento perché rappresenta la condanna totale della persona a cui viene applicata.  Non sorprende che la maggior parte di coloro che lasciano il movimento siano oppressi da un senso di terrore paralizzante.

A volte il concetto è espresso in modo più specifico.  I membri dei Focolari in Germania hanno ricevuto da Bruna Tomasi, una delle "prime compagne" della Lubich, l'istruzione che "Nessuno nel movimento può parlare di [una ex leader che ha lasciato il movimento]: è morta perché ha tradito Dio".  Quando in un'intervista è stato chiesto alla stessa Lubich perché le persone lasciano il movimento, lei ha risposto: "Quelli che ci lasciano lo fanno perché non volevano morire: non volevano rinnegare se stessi e prendere la croce. Oppure perché non sono psicologicamente adatti alla vita del movimento. O perché sono stati sopraffatti dalla tentazione".  Non c'è molto margine di manovra.  

Che possibilità di dialogo ci può essere tra chi è "su" - inebriato dallo spirito del movimento, ciecamente obbediente, convinto che Chiara Lubich fosse "un pennello nella mano di Dio" - e chi è "giù", che ha lasciato il movimento, che ha tradito Dio?

Per gli studenti di semantica, qui c'è un affascinante caso di studio di come il linguaggio possa diventare un veicolo di potere, di come le parole possano diventare simboli attivi che operano da se, legati alla magia e al soprannaturale.  Poi bisogna chiedere, "Ma "giù", dov'e? E l'inferno?'

Un corso su "La teologia di "su" e "giù"", presso l'Università Sophia del movimento a Loppiano, che impieghi le competenze di accademici del movimento come Fabio Ciardi, Piero Coda e Luigino Bruni, sarebbe un ascolto intrigante.  

Agli estranei che non conoscono il movimento - anche ai membri "aderenti", quelli ai margini - potrebbe sembrare che questo articolo sia un esercizio di sarcasmo o di satira, ma tutti coloro che sono membri o ex membri sanno che è assolutamente serio.



Monday 13 March 2023

La Puzza del Male

Nel 2002 il cardinale Ratzinger ha dato uno schiaffo sulla mano del capo reporter investigativo di ABC News Brian Ross che lo interrogava sugli abusi di minori compiuti dal fondatore dei Legionari di Cristo, Marcial Maciel.  Ratzinger, che all'epoca era a conoscenza degli abusi su vasta scala compiuti da Maciel sui seminaristi minori del suo ordine, ma li teneva nascosti perché Maciel era un favorito di Giovanni Paolo II,  disse a Ross - insieme allo schiaffo - che "non era il momento" di parlare di queste cose.

Leggendo questo articolo scioccante del compianto giornalista Christopher Hitchens su come per anni BenedettoXVI/Ratzinger ha cercato di nascondere l'abuso sessuale di minori dal clero cattolico, e sconvolgente pensare che poco prima della sua morte 31 dicembre 2022, stava per prendere in causa un giornalista tedesco che gli ha accusato proprio di quel crimine.

Il grande insabbiamento cattolico

L'intera carriera del Papa [N.d.r. Benedetto XVI] ha la puzza del male.

DI CHRISTOPHER HITCHENS

15 MARZO 2010 10:20AM

Il 10 marzo, l'esorcista capo del Vaticano, il Rev. Gabriele Amorth (che ricopre questo impegnativo incarico da 25 anni), è stato citato dicendo, "il Diavolo è all'opera all'interno del Vaticano", e che "quando si parla di 'fumo di Satana' nelle stanze sante, è tutto vero - comprese queste ultime storie di violenza e pedofilia". Questo può forse essere preso come una conferma del fatto che qualcosa di orribile sta effettivamente accadendo nei luoghi sacri, anche se la maggior parte delle indagini dimostra che ha una spiegazione materiale perfettamente valida.

Per quanto riguarda le più recenti rivelazioni sulla costante complicità del Vaticano nel continuo - e infinito - scandalo degli stupri di bambini, pochi giorni dopo un portavoce della Santa Sede ha fatto una concessione sotto forma di smentita. Era chiaro, ha detto il Rev. Federico Lombardi, che si stava cercando "di trovare elementi per coinvolgere personalmente il Santo Padre in questioni di abusi". Ha poi stupidamente affermato che "questi sforzi sono falliti".

Si è sbagliato due volte. In primo luogo, nessuno ha dovuto sforzarsi di trovare tali prove: Sono emerse, come era inevitabile che accadesse. In secondo luogo, l'estensione del terribile scandalo ai vertici della Chiesa cattolica romana è un processo appena iniziato. Eppure è diventato in un certo senso inevitabile quando il Collegio cardinalizio ha eletto, come vicario di Cristo sulla Terra, l'uomo principale responsabile dell'insabbiamento originale. (Uno degli santi elettori in quella "elezione" fu il cardinale Bernard Law di Boston, un uomo che aveva già trovato la giurisdizione del Massachusetts un po' troppo calda per i suoi gusti).

Ci sono due questioni distinte ma collegate: In primo luogo, la responsabilità individuale del Papa in un caso di questo incubo morale e, in secondo luogo, la sua responsabilità più generale e istituzionale per la più ampia violazione della legge e per la vergogna e il disonore che ne derivano. La prima storia è facilmente raccontabile e non è negata da nessuno. Nel 1979, un bambino tedesco di 11 anni, Wilfried F., fu portato in vacanza in montagna da un prete. In seguito, gli fu somministrato dell'alcol, fu chiuso nella sua camera da letto, spogliato e costretto a succhiare il pene del suo confessore. (Perché ci limitiamo a chiamare questo genere di cose "abusi"?) Il prete colpevole fu trasferito da Essen a Monaco di Baviera per "terapia", su decisione dell'allora arcivescovo Joseph Ratzinger, e gli fu assicurato che non avrebbe più avuto bambini sotto la sua custodia. Ma non ci volle molto perché il vice di Ratzinger, il vicario generale Gerhard Gruber, lo riportasse al lavoro "pastorale", dove ben presto riprese la sua carriera di aggressioni sessuali.

Naturalmente si sostiene, e senza dubbio in seguito verrà parzialmente smentito, che Ratzinger stesso non sapeva nulla di questo secondo oltraggio. Cito qui il reverendo Thomas Doyle, ex dipendente dell'ambasciata vaticana a Washington e critico della lentezza della Chiesa cattolica nel rispondere alle accuse di stupro di minori. "Sciocchezze", dice. "Papa Benedetto è un micromanager. È uno del vecchio stile. Una cosa del genere sarebbe stata necessariamente portata alla sua attenzione. Dica al vicario generale di trovare una linea migliore. Quello che sta cercando di fare, ovviamente, è proteggere il Papa".

Questa è roba di tutti i giorni, molto familiare ai cattolici americani, australiani e irlandesi, dove stupri e torture di bambini, e la loro copertura con la tattica di spostare stupratori e torturatori da una parrocchia all'altra, sono stati faticosamente ed esaurientemente esposti. È come la recente ammissione tardiva del fratello del Papa, monsignor Georg Ratzinger, che, pur non sapendo nulla delle violenze sessuali avvenute nella scuola corale da lui diretta tra il 1964 e il 1994, ora che se ne ricorda si pente della sua pratica di schiaffeggiare i ragazzi.

Molto più grave è il ruolo di Joseph Ratzinger, prima che la Chiesa decidesse di nominarlo capo supremo, nell'ostacolare la giustizia su scala globale. Dopo la sua promozione a cardinale, è stato messo a capo della cosiddetta "Congregazione per la Dottrina della Fede" (precedentemente nota come Inquisizione). Nel 2001, Papa Giovanni Paolo II ha incaricato questo riparto di indagare su stupri e torture di bambini da parte di sacerdoti cattolici. Nel maggio dello stesso anno, Ratzinger inviò una lettera confidenziale a tutti i vescovi. In essa ricordava loro l'estrema gravità di un certo crimine. Ma quel crimine era la denuncia di stupri e torture. Le accuse, diceva Ratzinger, potevano essere trattate solo all'interno della giurisdizione esclusiva della Chiesa. Qualsiasi condivisione delle prove con le autorità giudiziarie o con la stampa era assolutamente vietata. Le accuse dovevano essere indagate "nella maniera più segreta... con un silenzio perpetuo... e tutti... devono osservare il più stretto segreto che è comunemente considerato come un segreto del Sant'Uffizio... sotto la pena della scomunica". (corsivo mio). Nessuno è ancora stato scomunicato per lo stupro e la tortura di bambini, ma denunciare il reato potrebbe mettervi in guai seri. E questa è la Chiesa che ci mette in guardia dal relativismo morale! (Per ulteriori informazioni su questo spaventoso documento, si vedano i due servizi di Jamie Doward sul London Observer del 24 aprile 2005).

Non contento di proteggere i propri sacerdoti dalla legge, l'ufficio di Ratzinger ha persino scritto la propria prescrizione privata. La giurisdizione della Chiesa, sosteneva Ratzinger, "inizia a decorrere dal giorno in cui il minore ha compiuto il 18° anno di età" e poi dura per altri 10 anni. Daniel Shea, l'avvocato di due vittime che hanno fatto causa a Ratzinger e a una chiesa del Texas, descrive correttamente quest'ultima stipula come un'ostruzione della giustizia. "Non si può indagare su un caso se non lo si scopre mai. Se riesci a tenerlo segreto per 18 anni più 10, il prete la farà franca".

Il prossimo punto su questo macabro elenco sarà il rilancio delle accuse di lunga data contro il reverendo Marcial Maciel, fondatore dell'ultra-reazionaria Legione di Cristo, in cui la violenza sessuale sembra essere stata quasi parte della liturgia. Negli anni Novanta gli ex membri anziani di questo ordine segreto hanno visto le loro denunce ignorate e scavalcate da Ratzinger, se non altro perché padre Maciel era stato elogiato dall'allora Papa Giovanni Paolo II come una "guida efficace per i giovani". Ed ecco ora il raccolto di questa lunga campagna di offuscamento. La Chiesa cattolica romana è guidata da un mediocre burocrate bavarese, un tempo incaricato di nascondere la più turpe iniquità, la cui inettitudine in quel lavoro lo mostra ora come un uomo personalmente e professionalmente responsabile di aver permesso una sporca ondata di crimini. Ratzinger stesso può essere banale, ma la sua intera carriera ha il fetore del male, un male aggrappato e sistematico che è al di là del potere dell'esorcismo di dissipare. Ciò che serve non è un incantesimo medievale, ma l'applicazione della giustizia, e in tempi brevi.



The stench of evil

Famously, in 2002, Cardinal Ratzinger slapped the hand of ABC News Chief Investigative Reporter Brian Ross who was questioning him about child abuse by Legionaries of Christ founder Marcial Maciel.  Ratzinger, who at the time was aware of Maciel's large-scale abuse of minor seminarians in his order but kept it hidden because Maciel was a favourite of John Paul II,  told Ross - along with the slap - that "this was not the time" to talk about these things.

Reading this eye-opening article by the late journalist Christopher Hitchens on how for years Benedict XVI/Ratzinger tried to hide the sexual abuse of minors by Catholic clergy, it is atonishing to think that, shortly before his death on 31 December 2022, he was about to sue a German journalist who accused him of that very crime.

The Great Catholic Cover-Up:

The pope’s entire career has the stench of evil about it.

BY CHRISTOPHER HITCHENS

MARCH 15, 2010 10:20 AM

Pope Benedict XVI 

On March 10, the chief exorcist of the Vatican, the Rev. Gabriele Amorth (who has held this demanding post for 25 years), was quoted as saying that “the Devil is at work inside the Vatican,” and that “when one speaks of ‘the smoke of Satan’ in the holy rooms, it is all true—including these latest stories of violence and pedophilia.” This can perhaps be taken as confirmation that something horrible has indeed been going on in the holy precincts, though most inquiries show it to have a perfectly good material explanation.

Concerning the most recent revelations about the steady complicity of the Vatican in the ongoing—indeed endless—scandal of child rape, a few days later a spokesman for the Holy See made a concession in the guise of a denial. It was clear, said the Rev. Federico Lombardi, that an attempt was being made “to find elements to involve the Holy Father personally in issues of abuse.” He stupidly went on to say that “those efforts have failed.”

He was wrong twice. In the first place, nobody has had to strive to find such evidence: It has surfaced, as it was bound to do. In the second place, this extension of the awful scandal to the topmost level of the Roman Catholic Church is a process that has only just begun. Yet it became in a sense inevitable when the College of Cardinals elected, as the vicar of Christ on Earth, the man chiefly responsible for the original cover-up. (One of the sanctified voters in that “election” was Cardinal Bernard Law of Boston, a man who had already found the jurisdiction of Massachusetts a bit too warm for his liking.)

There are two separate but related matters here: First, the individual responsibility of the pope in one instance of this moral nightmare and, second, his more general and institutional responsibility for the wider lawbreaking and for the shame and disgrace that goes with it. The first story is easily told, and it is not denied by anybody. In 1979, an 11-year-old German boy identified as Wilfried F. was taken on a vacation trip to the mountains by a priest. After that, he was administered alcohol, locked in his bedroom, stripped naked, and forced to suck the penis of his confessor. (Why do we limit ourselves to calling this sort of thing “abuse”?) The offending cleric was transferred from Essen to Munich for “therapy” by a decision of then-Archbishop Joseph Ratzinger, and assurances were given that he would no longer have children in his care. But it took no time for Ratzinger’s deputy, Vicar General Gerhard Gruber, to return him to “pastoral” work, where he soon enough resumed his career of sexual assault.

It is, of course, claimed, and it will no doubt later be partially un-claimed, that Ratzinger himself knew nothing of this second outrage. I quote, here, from the Rev. Thomas Doyle, a former employee of the Vatican Embassy in Washington and an early critic of the Catholic Church’s sloth in responding to child-rape allegations. “Nonsense,” he says. “Pope Benedict is a micromanager. He’s the old style. Anything like that would necessarily have been brought to his attention. Tell the vicar general to find a better line. What he’s trying to do, obviously, is protect the pope.”

This is common or garden stuff, very familiar to American and Australian and Irish Catholics whose children’s rape and torture, and the cover-up of same by the tactic of moving rapists and torturers from parish to parish, has been painstakingly and comprehensively exposed. It’s on a level with the recent belated admission by the pope’s brother, Monsignor Georg Ratzinger, that while he knew nothing about sexual assault at the choir school he ran between 1964 and 1994, now that he remembers it, he is sorry for his practice of slapping the boys around.

Very much more serious is the role of Joseph Ratzinger, before the church decided to make him supreme leader, in obstructing justice on a global scale. After his promotion to cardinal, he was put in charge of the so-called “Congregation for the Doctrine of the Faith” (formerly known as the Inquisition). In 2001, Pope John Paul II placed this department in charge of the investigation of child rape and torture by Catholic priests. In May of that year, Ratzinger issued a confidential letter to every bishop. In it, he reminded them of the extreme gravity of a certain crime. But that crime was the reporting of the rape and torture. The accusations, intoned Ratzinger, were only treatable within the church’s own exclusive jurisdiction. Any sharing of the evidence with legal authorities or the press was utterly forbidden. Charges were to be investigated “in the most secretive way … restrained by a perpetual silence … and everyone … is to observe the strictest secret which is commonly regarded as a secret of the Holy Office … under the penalty of excommunication.” (My italics). Nobody has yet been excommunicated for the rape and torture of children, but exposing the offense could get you into serious trouble. And this is the church that warns us against moral relativism! (See, for more on this appalling document, two reports in the London Observer of April 24, 2005, by Jamie Doward.)

Not content with shielding its own priests from the law, Ratzinger’s office even wrote its own private statute of limitations. The church’s jurisdiction, claimed Ratzinger, “begins to run from the day when the minor has completed the 18th year of age” and then lasts for 10 more years. Daniel Shea, the attorney for two victims who sued Ratzinger and a church in Texas, correctly describes that latter stipulation as an obstruction of justice. “You can’t investigate a case if you never find out about it. If you can manage to keep it secret for 18 years plus 10, the priest will get away with it.”

The next item on this grisly docket will be the revival of the long-standing allegations against the Rev. Marcial Maciel, founder of the ultra-reactionary Legion of Christ, in which sexual assault seems to have been almost part of the liturgy. Senior ex-members of this secretive order found their complaints ignored and overridden by Ratzinger during the 1990s, if only because Father Maciel had been praised by the then-Pope John Paul II as an “efficacious guide to youth.” And now behold the harvest of this long campaign of obfuscation. The Roman Catholic Church is headed by a mediocre Bavarian bureaucrat once tasked with the concealment of the foulest iniquity, whose ineptitude in that job now shows him to us as a man personally and professionally responsible for enabling a filthy wave of crime. Ratzinger himself may be banal, but his whole career has the stench of evil—a clinging and systematic evil that is beyond the power of exorcism to dispel. What is needed is not medieval incantation but the application of justice—and speedily at that.