Sunday, 11 December 2022

ESODO DAL FOCOLARE: le lettere di dimissione

                                    Martin: La distruzione delle armate di Faraone
                                    Copyright: Kalamos  

Il Movimento dei Focolari è in grave crisi.  Nel corso degli anni c'è stato un continuo esodo di membri, non tanto dalle frange, ma dal nucleo centrale, i focolarini celibi - membri interni, a tempo pieno, che costituiscono le case focolari.  Il cuore del movimento sta scomparendo. 

Già nel 2000 si era diffuso il panico all'interno del movimento perché era evidente che, dato il numero di focolarini celibi che lo abbandonavano e il calo dei focolarini novizi, i Focolari stavano affrontando una grave crisi.  I dati interni (tratti da documenti ufficiali dei Focolari) mostrano che tra il 2000 e il 2014 si sono dimessi dal movimento 444 focolarini celibi.   

Niente illustra più chiaramente l'implosione in atto nei Focolari che le lettere di dimissioni di focolarini e focolarine.  Si tratta di persone davvero ammirevoli: devoti e generosi che hanno creduto nel movimento e nella sua fondatrice, Chiara Lubich, persone che hanno dato anni o decenni della loro vita ma che si sono ritrovate vuote, angosciate, con la vita in rovine (per la maggior parte abbandonate dai focolarini a se stesse, praticamente senza un soldo, nonostante decenni di servizio e anni di stipendi versati interamente al movimento).  È evidente che c'è un problema sistemico.  Le testimonianze di queste lettere di dimissioni, dopo anni di servizio dedicato al movimento, da parte dei focolarini, indirizzati ai dirigenti del movimento,  parlano con il cuore.  Solo chi non ha cuore può rimanere indifferente.

La prima lettera è di un ex focolarino che mi ha contattato di recente.  Ha trascorso molti anni come focolarino, credendo veramente al messaggio del movimento e desiderando dedicare la sua vita a Dio.  Gli ultimi anni della sua esperienza nei Focolari sono stati difficili e duri.  Ha dovuto prendere le distanze per preservare la sua salute. Quando gli chiesi di descrivermi questa esperienza, mi inviò la sua lettera di dimissioni dal movimento.  Dà una visione sorprendente della vita in Focolare in tempi recenti, nonostante i molti tentativi di cambiamento, soprattutto da parte dei focolarini maschi.   Qual è la risposta della Chiesa come "madre", protettrice dei suoi figli - soprattutto dei più vulnerabili ed esposti?  Ad oggi, zero.


settembre 2013

A fine mese poi cambio casa, e mi trasferisco in un altro appartamento dove affitto una stanza. Prendo quindi le distanze dal focolare. Mi ritiro un periodo per cercare di capire come e se andare avanti. L'anno scorso, al ritiro annuale dei focolarini, non me la sono sentita di rinnovare i miei voti temporanei. Mi ha preso uno scoramento, un senso di vuoto ingombrante. Ma a oggi sono felice di averlo fatto. Mi sembra che nonostante fosse una scelta dolorosa sia stata per così dire “ispirata”. 

Ora non saprei dire se questo primo passo che mi distanzia dal focolare sia un passo nella direzione “uscita” oppure si limiterà a un periodo di riflessione. Provo a spiegare cosa mi ha portato a maturare questa decisione.  

Potrei accampare tutta una serie di motivi (motivi soggettivi, legati all'esperienza di questi ultimi 7 anni, in questa zona e in questo focolare) che legittimerebbero questo mio passo: l'Opera oggi, l'aridità della vita di focolare, l'assenza di prospettive, la mancanza di una profonda esperienza di paternità spirituale sia personale che come focolare, la borghesia in cui ci siamo assestati, il fatto che esserci o non esserci non cambia poi niente, la pochezza e talvolta la mancanza di amicizia e di amore fraterno fra noi focolarini, ecc… 

In realtà però sono tutti motivi secondari, che hanno un certo peso ma non sono il motivo centrale. La verità é che io ho perso la fede. Perché e come l'abbia persa é tutto un altro discorso. Per questo, e solo per questo il mio orizzonte senza Dio mi è insopportabile. 

"Ciò che più profondamente si cerca nella vita, la cosa che in un modo o nell’altra è stata al centro di ogni esistenza, è la ricerca del padre. Non soltanto il padre della propria carne, non soltanto il padre perduto della propria gioventù, ma l’immagine di una forza e di una sapienza alle quali la fede e la forza della propria esistenza possano essere unite". (Thomas Wolfe)

Ecco, non avrei saputo esprimere meglio il mio "bisogno". Io da questo "padre" in un certo senso mi sento rifiutato, e nonostante tutti i miei sforzi non riesco e non sono riuscito a ritrovarlo. In questo la vita di Focolare non mi ha aiutato e spiego perché. La più grande carenza della vita di focolare, per come l'ho sperimentata in questi ultimi 10 anni, è l'assenza del soffio dello Spirito Santo. Realtà che abbiamo vissuto sinché Chiara era viva, e ci permetteva di brillare di Luce riflessa. Ma noi focolarini non abbiamo imparato a essere noi stessi Luce. Ecco perché i nostri ritiri, le serate di focolare, sono un'agonia, una tortura! Manca lo Spirito, manca la Luce, la Vita. Athenagoras saggiamente ammoniva: 

"Senza lo Spirito Santo Dio è lontano, Cristo rimane nel passato, il Vangelo è lettera morta, la Chiesa è una semplice organizzazione, l'autorità è una dominazione, la missione una propaganda, il culto un'evocazione, e l'agire dell'essere umano una morale da schiavi. Ma nello Spirito Santo: il cosmo è sollevato e geme nella gestazione del Regno, Cristo risorto è presente, il Vangelo è potenza di vita, la Chiesa significa comunione trinitaria, l'autorità è un servizio liberatore, la missione è una Pentecoste, la liturgia è memoriale e anticipazione, l'agire umano è divinizzato."

Manca la capacità di sapersi mettere di fronte a Dio e provare a capire cosa ci

chieda, quale strada percorrere, che decisioni prendere, quali pazzie

affrontare, quali "no" da dire, ecc… Manca in definitiva la mistica. Io ne ero

colmo, credo, almeno per le esperienze passate che sono state come un

serbatoio cui ho attinto sino a che é stato possibile. Poi pian piano ho

cominciato a spegnermi come una candela. 

La vita di focolare di questi anni, non ha fatto altro che prosciugarmi sempre più in fretta, senza darmi o mettermi nelle condizioni di custodire questa fonte e mantenerla zampillante. Sovente dopo qualche ritiro o qualche serata di focolare io mi sentivo “distrutto”, sino al punto in cui non sono più riuscito a parteciparvi. Non voglio dare colpe a nessuno, ma voglio essere realista e se mi guardo indietro non posso non constatare questo come un fatto reale. È reale che in questi ultimi sette anni io mi sia “ammalato” sino al punto che ho iniziato a desiderare più la morte della vita. A questo ho cercato di porre rimedio con tutte le mie forze, e forse anche per questo, sempre con tutte le mie forze non permetterò più a niente e nessuno di ricacciarmi in quella anticamera di morte. 

Posso solo constatare che su questa strada non sono ad oggi più in grado di dare il meglio di me, e peggio ancora, di aiutare gli altri a dare il meglio di loro - perché in definitiva questo è il cristianesimo. Che fare allora? 

Non mi riconosco, non mi ritrovo più nelle nostre “forme” focolarine nella nostra tipica fenomenologia che si esprime in formule particolari che sono diventate per me senza senso, vuote e una vera tortura. Il punto é che dal momento in cui mi chiamo fuori dalla nostra tipica fenomenologia focolarina, mi escludo da questo mondo e questo stesso mondo, in maniera più o meno conscia, tende ad espellermi come un elemento estraneo. Nello stesso identico modo in cui un organismo cerca con i suoi anticorpi di debellare un'infezione. 

Si può oggi riporre la propria felicità o l'aspirazione ad essa nella vita di focolare? Per me no. Se no, su cosa allora basare la propria felicità e realizzazione? Su Dio? E se Dio non c'è più, come facciamo? Dio poi, se c'è una cosa che ho capito, è una questione di “noi”, non di “io”. Il Padre nostro è al plurale! Ecco perché se non funziona in focolare, senza reciprocità, siamo troppo esposti, troppo vulnerabili, senza difese, facili prede dei nostri “demoni”, personali e collettivi, che senza ritegno alcuno fanno scempio di noi.  

A questo proposito, da questa prospettiva attuale, senza fede, l'Opera mi sembra davvero una setta. E mi fa paura.  Mi atterrisce l'idea che organizziamo incontri con bambini, teen-agers,  cioè persone che non sono in grado di discernere. La mancanza di vocazioni, credo sia in definitiva una benedizione. A oggi io sconsiglierei ad alta voce chiunque voglia intraprendere la strada del focolare. Non vorrei avere questa responsabilità. Soprattutto non ammetterei gente che non abbia davvero fatto una vera esperienza di amore, anche sessuale. Non si può rinunciare a qualcosa che non si ha. È semplicemente assurdo.

Non vedo l'ora di avere i miei 5 metri quadri, gente attorno che voglio avere io e non mi viene imposta, soprattutto non gente “strana”, fuori di testa”, mezzo invasata, inopportuna. Decidere cosa fare, cosa comprare, dove andare in vacanza, senza dover fare sempre quello sforzo ridicolo per “convincere”. Non dover più aprirmi, giustificarmi, raccontarmi... Basta non ne posso più, mi hanno preso per sfinimento. Chiara una volta nel suo diario scrisse:

“Vi sono problemi intimi che presto o tardi erompono in tutta la loro crudezza e possono mettere l’anima in grande agitazione, preoccupazione, ridotta come naufrago.(…) Le anime hanno fatto a volte sforzi immani per mantenersi in mezzo al mondo, come angeli, non del mondo. Ma quello sforzo, se ha salvato l’anima, ha qualche volta danneggiato il fisico (o la psiche N.d.R.) col pericolo che la persona non possa proseguire nello stato a cui era stata chiamata.” (1 aprile 1970)

Ecco più chiaro di così! In estrema sintesi, questo mio prendere le distanze è per sopravvivenza, per sopravvivere. Mi resta comunque un barlume di fede. Un vecchio detto africano dice: “Dio è la felicità che si prova quando si vuol bene a qualcuno”. La mia fede si è rintanata in queste poche parole. Di più non so e non voglio sapere. Proverò a vivere così, ma fuori da strutture, da organizzazioni, da adunate o affini. Non mi sono più congeniali. Di più: non sono per me in questo momento fonte di salute.


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